Prefazione
Quando si pensa al Brasile, vengono in mente il carnevale di Rio, Bahia, il caffè e, se si è sufficientemente informati, al massimo il dramma dei ninos de rua, i bambini da strada. Immagini un po’ stereotipate come gli spaghetti, i mandolini e ‘o sole mio, come taluni stranieri identificano ancora quali ingredienti costitutivi della natura italica.
Niente di più errato, sia in un caso che nell’altro. I Brasiliani sono, ad esempio, dei soldati tenaci e coraggiosi. E ne hanno dato una testimonianza durante la seconda guerra mondiale. E neanche tanto lontano dalla Ghirlandina. Sull’Appennino infatti le truppe della Força Expedicionaria Brasileira sconfissero i tedeschi e conquistarono Monte Castello e Montese, sotto il tiro micidiale dei mortai e delle lurdinhas della Wehrmacht.
Dovevano svolgere una funzione ausiliaria o di appoggio quelle migliaia di giovani fanti provenienti un po da tutti gli stati del Brasile, inviati a combattere in Italia e aggregati alla 5ª armata statunitense. Si trovarono invece in prima linea, in un settore di guerra non vasto, ma non per questo poco importante e poco impegnativo. Erano male equipaggiati. Dovettero convivere col nostro freddo, con la neve che la stragrande maggioranza di loro non aveva mai conosciuto prima. Furono accusati di essere poco disciplinati, di essere impreparati ad affrontare un conflitto tanto complesso. Fecero invece la loro parte, con dignità pagando un caro prezzo in vite umane.
Il merito di aver “scoperto” (e non da oggi) questo fatto d’armi, poco conosciuto e raramente citato sui libri della storia, va all’autore del presente volume, Walter Bellisi, un montesino innamorato della sua terra, con la passionaccia della storia e degli archivi. Un “male oscuro” che Walter ha coltivato pervicacemente e brillantemente, come testimoniano i suoi innumerevoli articoli apparsi su Il Resto del Carlino, di cui è validissimo corrispondente e collaboratore da almeno tre decenni.
E così, scavando scavando, l’autore è arrivato all’archivio dell’Esercito brasiliano e a quello tedesco di Friburgo. Ma tante altre fonti hanno dato acqua alla sua ricerca: la pubblicistica sulla Forza di Spedizione Brasiliana, attinta in Sudamerica; carteggi della 10ª divisione da montagna Usa che partecipò ai combattimenti sul nostro Appennino; fonti dirette, come le interviste ad ex combattenti che vissero sui nostri monti quei tragici giorni che vanno dall’autunno del 1944 alla primavera del 1945, incontrati in Brasile e a Montese. E poi ci sono le circostanziate corrispondenze di reporter di guerra brasiliani che erano al seguito della Força Expedicionaria e che dalle rovine di Montese, nell’aprile 1945, inviarono ai loro giornali numerosi e drammatici resoconti sui combattimenti. Valga per tutti: Montese non esiste più: nessuna casa è rimasta intatta. E’ un paese deserto, pieno di rovine. Nelle case distrutte, le macchie di sangue testimoniano la violenza della battaglia ...
La metà delle 160 pagine del volume sono di testo e le restanti di fotografie, diverse delle quali inedite. Un combat film straordinario che, “accompagnato” dalla riproduzione delle più significative prime pagine del quotidiano O Globo, fa ripercorrere l’intera epopea del Pracinhas nel corso del secondo conflitto mondiale.
L’opera si propone come testimonianza storica (per chi c’era) e per le nuove generazioni e come omaggio a quei ragazzi di Minas Gerais, di Rio, di San Paolo o degli altri territori del vasto Paese dell’America latina venuti a combattere e a morire sulle nostre montagne per la nostra libertà.
Roberto G. Rolando